L’infarto inganna, in un caso su quattro non dà il classico dolore

Dolore all’addome, mancanza improvvisa di fiato, debolezza estrema. A volte l’ischemia del cuore lancia segnali poco chiari, soprattutto nelle donne e negli anziani

Dolore dietro lo sterno, che si irradia verso l’alto, a spalle e braccia, soprattutto al braccio sinistro. Quando si definisce l’infarto, questi sono i segnali che classicamente richiamano l'attenzione. Ma l’infarto, a volte può “ingannare”, presentandosi con disturbi che non fanno propriamente pensare all’attacco cardiaco. Il respiro si fa affannoso, il dolore interessa la parte alta dell’addome facendo pensare ad un mal di stomaco, ci si sente improvvisamente stanchi al punto che diventa difficile fare qualche passo.

Non si tratta di un’evenienza rara, visto che in quasi il 25% dei casi questa è la modalità di presentazione della lesione cardiaca. Secondo l’autrice della ricercaapparsa su European Heart Journal - Acute Cardiovascular Care, Amalie Lykkemark Møller, i sintomi atipici sarebbero “più comuni tra le persone anziane, in particolare le donne, che hanno chiamato una linea di assistenza non di emergenza. Chi va incontro a questi infarti “mascherati” ovviamente tende a rispondere in ritardo all’emergenza e soprattutto, a distanza può avere esiti peggiori, con maggior rischio di mortalità a 30 giorni rispetto a chi invece ha avuto l’infarto con modalità classica di presentazione.

Lo studio

Lo studio ha preso in esame le associazioni tra i sintomi di attacco cardiaco iniziale, la risposta del servizio sanitario e la mortalità a 30 giorni. Analizzando le chiamate a una linea di assistenza medica 24 ore su 24 e un numero di emergenza nella regione della capitale della Danimarca per cinque anni, tra il 2014  e il 2018. Nei due servizi il sintomo principale viene registrato insieme alla risposta. Sono poi stati considerati nell’analisi tutti i soggetti che hanno avuto una diagnosi di infarto entro i tre giorni successivi alla chiamata, suddivisi in gruppi in base al sintomo principale riferito. Si è così disegnato l’impatto dell’infarto “ingannatore”. Dall’analisi emerge che un sintomo primario specifico è stato registrato per 7.222 degli 8.336 attacchi cardiaci. Nel 72% dei casi c’è stato il classico dolore al torace, ma nel 24% dei pazienti i sintomi più comuni erano di tipo respiratorio o comunque diversi. La prevalenza del dolore toracico era più alta tra gli uomini di età compresa tra 30 e 59 anni che chiamavano il numero di emergenza e più bassa tra le donne di età superiore ai 79 anni che chiamavano il numero di assistenza medica.

I sintomi atipici sono stati riscontrati principalmente tra i pazienti più anziani, in particolare le donne, che hanno chiamato la linea di assistenza. Tra i pazienti con ischemia cardiaca e dolore toracico, il 95 per cento e il 76 per cento  hanno ricevuto un messaggio di emergenza rispettivamente dal numero di emergenza e dalla linea di assistenza medica. Ma quando l’ischemia cardiaca si è presentata in modo atipico solo il 62 per cento e il 17 per cento dei pazienti con infarto “ingannatore” hanno ricevuto un messaggio di emergenza rispettivamente dal numero di emergenza e dal servizio di assistenza medica. 

Questa situazione si è ripercossa sulle diagnosi e sui trattamenti. 

Il tasso di mortalità a 30 giorni per i pazienti con attacco cardiaco con dolore toracico è stato del 5 per cento tra coloro che hanno chiamato il numero di assistenza e del 3 per cento tra quanti hanno chiamato il numero di emergenza. Le percentuali sono risultate ben più alte tra chi ha avuto un infarto con sintomi atipici. Dopo aver esaminato le informazioni considerando anche parametri sociali e sanitari come  diabete, precedente infarto, scompenso cardiaco e patologie respiratorie croniche la mortalità a un mese è stata del 4,3 per cento per i pazienti con dolore toracico e del 15,6 per cento per quelli con sintomi atipici. Insomma: pur se spesso sintomi “generali” non fanno pensare al cuore, non bisogna scartare a priori questa ipotesi, soprattutto negli anziani. Il fattore tempo, nella gestione dell’ischemia cardiaca, è cruciale.

Fonte


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